Recenti Ricerche delle Neuroscienze e della Psicologia Cognitiva

  "NON SARA' UNA DEMENZA?"

riconoscere e identificare i disturbi cognitivi e comportamentali negli ultra50enni

Per una migliore utilizzazione di Mens Sana

In questa sezione vengono presentati articoli scientifici che possiamo raggruppare in due categorie: articoli concernenti esperimenti “storici” (Pavlov, Libet, Milgram, Zimbardo ecc.) o comunque ricerche più volte confermate e tali da costituire solidi punti di riferimento nelle neuroscienze e/o nella psicologia scientifica, e ricerche di grande interesse in aree ancora aperte ed in evoluzione: abbiamo raggruppato i primi sotto il titolo “Le Grandi Ricerche”, ed i secondi sotto il Titolo “Recenti Ricerche delle Neuroscienze e della Psicologia Cognitiva”. In entrambi i gruppi, ma in particolare nel secondo, il futuro potrà riservarci importanti e forse anche rivoluzionarie novità: le nostre riflessioni e proposte e gli stessi articoli di Autori prestigiosi che riportiamo, hanno solo il fine di informare su quanto oggi si conosce e di destare curiosità e desiderio di tenersi aggiornati… “πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός- panta rhei os potamòs tutto scorre come un fiume

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Joshua GreenRisposta: Purtroppo SI. Le emozioni possono condurci ad agire in maniera molto difforme anche quando ci troviamo in situazioni oggettivamente analoghe.


Pam Mueller e Daniel OppenheimerRisposta: Spiace per Steve Jobs e per la computer generation ma è dimostrato che chi prende appunti manualmente comprende, seleziona, elabora e riassume quanto ascolta dal docente, quindi apprende e ricorda di più. Chi usa il computer a lezione trascrive spesso fedelmente ma riflette ed elabora meno, quindi tende a ricordare ed imparare meno.

Fauvel, Groussard, Eustache, PlatelRisposta: SI. Ma fino ad ora l’effetto favorevole della musica è stato dimostrato solo per chi suona qualche strumento con continuità o per chi dirige orchestre: vengono potenziati vari tipi di memoria e le capacità di concentrazione, di astrazione e di ragionamento. Gli effetti del semplice ascolto, anche continuativo, di brani musicali, sono invece più modesti e variabili.

Marie GoodRisposta: Secondo un recente studio sembra proprio di Si. Allorché acquisiamo consapevolezza di avere commesso un errore proviamo sensazioni di disappunto che sono correlate ad una attivazione di un’area della corteccia cingolata anteriore. Una recente ricerca canadese ha dimostrato che chi crede in un Dio amorevole e misericordioso ha una minore risposta nell’area cingolata: tende ad essere meno esigente con sé stesso e pertanto sbaglia di più ed è più indulgente verso i propri errori.

John FlavellRisposta: La Meta-Cognizione è la capacità della Mente umana di valutate i propri processi mentali.

L’uomo, per quanto ne sappiamo, è l’unico essere vivente in grado di utilizzare una parte del proprio cervello (organo) per valutare come funzioni la propria mente (nozione astratta che viene usata per indicare l’insieme delle attività psichiche).

La Meta-Cognizione è dunque un attività cognitiva superiore che viene esercitata al di sopra dei normali processi cognitivi: il termine fu coniato negli anni ’70 da Flavell. Da allora un fiorire di studi che ci insegnano ad usare la nostra meta cognizione e ci spiegano come essa sia precocemente compromessa in molte malattie psichiche.

V. S. Ramachandran Risposta: E’un fenomeno in base al quale persone amputate ad un arto o persone con deficit neurologici che comportino la incapacità di riconoscere un arto ( in particolare anosoagnosia) avvertono sensazioni vivaci e realistiche, talora dolorose , provenire dalla sede interessata.

Il fenomeno è spiegabile con i modelli di “schema corporeo” e di “mappe cerebrali”: negli amputati, in alcuni deficit neurologici ma anche in condizioni sperimentali (es. la illusione della mano di gomma) vi è una riorganizzazione di queste mappe.

Marvin M. ChunRisposta: Non ancora ma la ricerca internazionale non è molto lontana da quel fatidico e forse drammatico momento.

Utilizzando EEG ad alta risoluzione e definizione, insieme alla Risonanza Magnetica Funzionale, grazie a software sempre più sofisticati alcuni gruppi di ricerca sono in grado di “vedere” i volti che un soggetto rievoca con la propria memoria visiva mentre altri gruppi sono in grado di “riprodurre” i sogni delle persone testate.

Robert ZajoncRisposta: Perché viene attivato il meccanismo neuro-psichico della fluidità cognitiva, ben noto agli psicologi: esso fu studiato in maniera approfondita già negli anni ’60 dallo psicologo Robert Zajonc e confermata più recentemente da Kahneman (premio Nobel) e Tversky.

John KouniosRisposta: Entrambe le procedure sono importanti ed utilissime: di volta in volta è preferibile utilizzare l'approccio analitico (ad esempio per effettuare una scelta in cui tutti i termini sono ben definiti ancorché complessi) o l'approccio intuitivo (ad esempio per immaginare nuove soluzioni ad un problema complesso).

Patrik VuilleumierRisposta: La risonanza magnetica funzionale effettuata su individui con diagnosi clinica certa di paralisi isterica ha fornito risultati assolutamente sorprendenti: in questi soggetti viene evidenziata attività nella corteccia orbito-frontale e nel cingolo anteriore ma non nelle aree motorie

Volodymyr Mnih Risposta: Avanti, molto avanti forse anche troppo avanti: già dal 2014 sono disponibili software che non solo risolvono un problema (negli esperimenti originali si trattava di un obiettivo del gioco), tenendo presenti i limiti di azione ovvero le regole del gioco, ma sono anche in grado di imparare a risolverlo sempre meglio e più velocemente; inoltre utilizzano l'esperienza appresa per risolvere altri problemi diversi (nell'esperimento diversi tipi di gioco).

Kenneth A. DodgeRisposta: SI: la aggressività è influenzata dalle credenze e può essere frutto di bias cognitivi e pertanto, se sussistono condizioni favorevoli, può essere ridotta. Lo dimostra una recente ricerca effettuata su 1299 bambini e pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences.

schizofreniaRisposta: SI, anche se i geni coinvolti sono numerosi e la trasmissione non segue i meccanismi elementari delle malattie monogeniche. Una recente poderosa ricerca pubblicata su Nature, che ha interessato 36989 casi e 113075 controlli ha evidenziato 108 loci genici associati con i disturbi schizofrenici ed ha tra l’altro ribadito che una parte consistente di questi geni regolano anche le risposte immunitarie, il che sembra render ragione del legame tra stato di salute psichico e sistema immunitario.

Daniel WegnerDomanda: Perché quando non dobbiamo pensare ad una cosa finiamo inevitabilmente per pensarla?

Risposta: E’ il cosiddetto “fenomeno dell’orso bianco”: il termine è tratto da una osservazione di Dostoevskij: "cerca di non pensare ad un orso bianco e questo continuerà a venirti in mente".

a cura di Riccardo De Gobbi

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