Il cinema fa bene alla salute
Questa volta l’Isola si occuperà di cinema. La scelta deriva dal ricordo bellissimo di me bambina che, accompagnata da mio padre (morto con una forma di demenza), trascorrevo le domeniche pomeriggio in un piccolo cinema di paese. Grazie a mio padre, con gli spaghetti western e i film di Walt Disney, ho cominciato ad amare il cinema.
Il cinema come arte
Il cinema viene soprannominato, secondo una definizione di Ricciotto Canudo (1921), “la settima arte”, racchiudendo in sé aspetti del teatro, della letteratura, della pittura, della scultura: uno “specchio” della vita completo. Molti direbbero che nella propria vita un film è stato per loro una forma di “terapia”, vera medicina dell’anima.
Il cinema come terapia
L’idea che il cinema sia portatore di benessere è anche al centro di un recente progetto scientifico, in cui un cortometraggio (“memofilm”) veniva usato come strumento di ricostruzione dell’identità e terapia contro l’Alzheimer lieve o moderato (quando rallentare il declino cognitivo diventa determinante).
Questo progetto è stato lanciato a fine 2007 da un gruppo interdisciplinare di medici, infermieri, psicologi e registi. L’idea nasce dall’esperienza personale di Eugenio Melloni, sceneggiatore che vive a Ferrara, il cui padre era appunto affetto da malattia di Alzheimer.
Il memofilm è un cortometraggio di circa venti minuti che raccoglie brevi interventi di familiari di una persona malata, fotografie che documentano momenti importanti della sua vita, musica e passioni legati alla sua identità. Il film serve al malato di Alzheimer per ricordare chi è, per continuare a dare un senso ai luoghi e alle persone intorno a lui. Secondo Melloni, la visione quotidiana di questo breve filmato ha portato a netti miglioramenti nella patologia in 9 casi su 13.
Il cinema che parla di Alzheimer
I film che parlano di demenza sono molti. Qui citerò solo Le pagine della nostra vita (2004) di Nick Cassavetes, Lontano da lei (2008) di Sara Polley, Iris, un amore vero (2011) di Richard Eyre, Una separazione (2012) di Asghar Farhad e Una sconfinata giovinezza (2012) di Pupi Avati. C’è poi un film intitolato Rughe, di cui desidero particolarmente parlarvi, anche se non è facile trovarlo.
Si tratta di un lungometraggio di animazione realizzato in Spagna (2012), diretto da Ignazio Ferreras e basato sul graphic novel di Paco Roca (titolo originale Arrugas). La storia ruota intorno a un ex direttore di banca, Emilio, ora costretto a vivere in una casa di cura, dove arriva affetto da uno stadio iniziale di Alzheimer. Qui conoscerà Miguel (che soffre di depressione) e altri compagni, che lo aiuteranno a evitare il tanto temuto ultimo piano dell’istituto, destinato a chi non può provvedere autonomamente a se stesso. Quello delle relazioni quotidiane tra anziani in una casa di cura è sicuramente un tema impegnativo, ma qui viene trattato con sensibilità, umorismo e tratti di visionarietà.
Lucia Benini