I benefici dell'attività fisica sulla salute erano noti fin dall'antichità.
I greci furono i primi a introdurli nel loro stile di vita creando una struttura apposita, il “ginnasio” (γυμνάσιον), dove svolgere regolarmente esercizi fisici. Dal V secolo in poi i greci integrarono il ginnasio con giardini, esedre e biblioteche ampliando quindi il concetto di salute anche alla cura della mente e dello spirito.
Il ginnasio classico vero e proprio venne forse realizzato per la prima volta in seguito ai lavori fatti eseguire da Licurgo nell'area del Liceo di Atene nel 338 a.C., mentre il primo di cui si hanno notizie precise è quello di Delfi del IV secolo a.C. Nel mondo romano il ginnasio era quasi esclusivamente un luogo per le attività ginniche formato, in età classica, da un porticato con davanti spazi aperti e un’esedra a colonne con i bagni. L’assenza di strumenti terapeutici efficaci nella medicina antica, aveva di fatto sviluppato, empiricamente ma efficacemente, nell’epoca greco-romana la cultura della prevenzione tramandata fino ai giorni nostri attraverso celebri detti tra cui “mens sana in corpore sano”di Giovenale e a Cicerone secondo cui “solo l’esercizio è in grado di sostenere lo spirito e fortificare la mente”.
Venendo ai giorni nostri, si può dire che solo l’evidenza scientifica emersa nell’ultimo scorcio del secolo passato e riassunta dall’opera fondamentale di R.J.Shepard ( 1998, 2002) ha consentito di precisare gli effetti negativi della sedentarietà e si è capito che l’attività fisica è cruciale nella promozione e protezione della salute e della autonomia, anche e soprattutto nell’età avanzata. La pratica di un’attività fisica moderata e regolare è ormai considerata uno strumento importante di prevenzione nei confronti delle principali e più diffuse malattie croniche.
Per quanto riguarda attività fisica e funzioni cognitive due recenti articoli ne puntualizzano la stretta interazione. Una buona forma fisica aiuta a contrastare i cambiamenti strutturali del cervello e di conseguenza contribuisce a mantenere un buon livello di capacità cognitive: questo è quanto emerge da uno studio presentato all’EPI/Lifestyle (convegno dell’American Heart Association) tenuto a Baltimora all’inizio di marzo. Nel corso di vent’anni i ricercatori della Boston University hanno monitorato la salute fisica e quella del cervello di 1200 adulti di entrambi i sessi ( età media 41 anni): hanno eseguito un test al tapis roulant (una camminata all’andatura di poco più di 4km/orari) durante il quale sono state misurate le variazioni di frequenza cardiaca e pressione. Raggiunta l’età di sessanta anni i soggetti sono stati sottoposti a imaging cerebrale e ai test cognitivi; è emerso che i soggetti che al tapis roulant avevano raggiunto una frequenza maggiore avevano una minore quantità di sostanza grigia, e chi aveva una diastolica più elevata aveva minori performance ai test cognitivi.
Una recente pubblicazione su Lancet (2015) riporta lo studio fatto dal Karolinska Institute di Stoccolma su 1300 pazienti dell’età fra 60 e 70 anni. Metà erano stati inseriti in un programma che prevedeva una serie di interventi specifici , tra cui attività fisica (esercizi muscolari e cardiofitness), dieta, allenamento mentale. L’altra metà è stata usata come gruppo controllo. Dopo due anni i ricercatori hanno misurato l’invecchiamento mentale attraverso i test cognitivi. Ebbene, il cervello di quelli del primo gruppo è invecchiato meno, con un punteggio maggiore del 83% rispetto al gruppo controllo nella abilità di ragionamento (capacità mentali esecutive) e addiritturadel 150% nella velocità di elaborazione delle informazioni. I soggetti verranno seguiti per altri 7 anni per vedere se il programma di intervento può avere un ruolo nel rallentare o prevenire l’insorgenza dell’Alzheimer.
Anche se non si è ancora compreso il legame fra attività fisica e Alzheimer, si presume che il beneficio derivi dal fatto che il movimento migliori e protegga le funzioni nervose stimolando il flusso di sangue in aree del cervello importanti addette alla memoria e alle funzioni cognitive, le aree che vengono colpite dalla demenza.
Oltre la ricerca scientifica. Per l’anziano assume particolare importanza anche la possibilità di praticare movimento in compagnia di altre persone: questa dimensione sociale accresce i benefici dell’esercizio fisico, migliorando anche il tono dell’umore e la qualità di vita percepita. Per il paziente con Alzheimer la socialità potrebbe essere un motivo per uscire dall’isolamento in cui spesso “la vergogna della malattia” lo confina.
Quale e quanta l’attività fisica necessaria per prevenire e rallentare l’Alzheimer? Va praticata un’attività aerobica (corsa, camminata di buon passo, nuoto, bicicletta), a giorni alterni, per almeno mezz’ora continuativa per volta, meglio se affiancata da qualche esercizio anaerobico ( piccoli pesi, piegamenti, flessioni) e di scioglimento articolare (stretching). E, magari, bisognerebbe preferire le scale all’ascensore ogni volta che sia possibile. Inoltre un’ efficace promozione dell’attività fisica dovrebbe essere condotta attraverso la creazione di una rete di supporto sociale, ambientale facilitante, coinvolgendo- in modo interdisciplinare- tutti gli attori che operano sul territorio.
Il MMG, rappresentando un importante punto di riferimento per la popolazione e in particolare per quella anziana, è in una posizione privilegiata per identificare le persone sedentarie e promuovere l’attività fisica. Ma non basta fornire informazioni su ciò che è salutare per un corretto stile di vita (come sicuramente facciamo tutti ogni giorno): bisognerebbe anche conoscere le possibiltà di attività fisica offerte dal territorio per poterle consigliare ai pazienti. A questo proposito vi consiglio di leggere il modello organizzativo proposto dalla Regione Emilia Romagna nel dossier L’esercizio fisico come strumento di prevenzione e trattamento delle malattie croniche: l’esperienza dell’ Emilia Romagna nella prescrizione dell’attività fisica.
(Passeggiata invernale sulle mura di Ferrara: città delle biciclette) Lucia Benini